di [intlink id=”316″ type=”page”]Laura Corona[/intlink] & Aurora Costadoni
Psicologia Psicosomatica – n.17 – Pubblicato 11 Giugno 2012
“Quando un globulo rosso incontra un alimento si verifica una reazione chimica filogeneticamente antichissima, codificata nel corredo genetico individuale.” (Mangani, Panfili, 2002)
La scoperta dei gruppi sanguigni viene attribuita al ricercatore viennese Karl Landsteiner intorno agli inizi del 1900, grazie ai suoi esperimenti sull’agglutinazione del sangue. In base alle caratteristiche agglutinanti del sangue, Landsteiner suddivise gli individui in quattro gruppi : A, B, AB, 0 (I).
La dieta secondo i gruppi sanguigni, invece, è una teoria elaborata negli anni ’90 dal naturopata statunitense Peter D’Adamo, a partire da un’ipotesi antropologica sulla nascita ed evoluzione dei gruppi sanguigni nell’uomo. Questa teoria, secondo la quale il gruppo sanguigno rispecchia una predisposizione genetica verso un particolare tipo di alimentazione, viene avvalorata dagli studi paralleli effettuati su particolari proteine presenti negli alimenti, le lectine (Freed, 1985; Helm, Froese, 1981). Secondo P. D’Adamo, nel momento in cui non si utilizzano i cibi che l’evoluzione naturale ha assegnato a ogni gruppo sanguigno si compirebbe un errore alimentare che, a lungo andare, potrebbe favorire l’insorgenza della malattia.
A partire da questa ipotesi, l’esperienza clinica ha permesso agli operatori dell’Istituto di Psicosomatica Integrata, sia attraverso l’utilizzo del Test Muscolare Kinesiologico (II), sia attraverso il Vega Test (III), di verificare possibili corrispondenze tra gruppi sanguigni, intolleranze alimentari e alcune sintomatologie quali cefalee, stanchezza cronica, disturbi gastro-intestinali.
LA TEORIA DI D’ADAMO: STORIA E ASPETTI NUTRIZIONALI
Il gruppo 0
Dal punto di vista filogenetico, il gruppo sanguigno 0 è il più antico e il più comune (quasi il 50% della popolazione del pianeta ha questo gruppo): comparve circa 40000 anni fa in Africa, quando la vita dell’uomo primitivo si basava essenzialmente sulla caccia e il suo unico nutrimento era costituito dalla carne (Zittlau, 2008).
In quanto cacciatore, quindi, l’uomo primitivo era dotato di un sistema digestivo che gli permetteva di metabolizzare al meglio le proteine animali e lo salvaguardava dagli agenti patogeni che poteva contrarre dagli animali stessi.
Per questo, secondo D’Adamo, ancora oggi il gruppo 0 sarebbe molto più resistente ai batteri che possono infettare la carne e gli alimenti in generale rispetto ai batteri che può contrarre dai propri simili; infatti, è particolarmente sensibile alle infezioni da contatto.
Inoltre, è dotato di un sistema tampone antiacido molto efficace per garantire all’organismo un equilibrio acido-basico ottimale, vista la grande produzione di scorie acidificanti date dall’elevato consumo di proteine animali. Per questo motivo, per i soggetti di gruppo 0, gli alimenti consigliati poiché aumentano l’energia a disposizione dell’organismo sono, ad esempio, le carni rosse e la selvaggina, ma anche frutta e verdura in abbondanza per bilanciare l’acidità data dall’utilizzo delle proteine animali. A tal proposito, per non sovraccaricare la funzione renale nello smaltimento delle tossine acide, ai soggetti con questo gruppo sanguigno si consiglia di bere molta acqua (1 litro e mezzo, tutti i giorni, lontano dai pasti). Gli alimenti meno indicati sono invece i cereali, e quindi i carboidrati, che andrebbero consumati moderatamente, così come il latte, in questo caso perché dopo i primi mesi di vita la capacità di produrre l’enzima lattasi si riduce drasticamente.
Il gruppo sanguigno A
Comparve circa 20000 anni fa quando, in seguito alle migrazioni verso Nord dovute alla scarsità di animali da caccia che non permetteva più di soddisfare il fabbisogno alimentare, gli esseri umani si spinsero in tutto il mondo alla ricerca di luoghi che garantissero maggior cibo per tutti.
Questo portò ad un cambiamento delle condizioni di vita: le riserve di caccia in Africa, una volta così ricche, erano diventate ormai molto rare e gli uomini cominciarono a nutrirsi di bacche, noci, radici e, coloro che si stanziarono lungo le coste, anche di pesce.
L’uomo, quindi, da cacciatore cominciò a diventare più stanziale, a vivere in comunità e a dedicarsi sia all’agricoltura che all’allevamento.
A questo punto, secondo la teoria evoluzionistica di P. D’Adamo, il gruppo 0 non era più così adatto alle nuove condizioni di vita: l’elaborazione a livello metabolico dei prodotti vegetali o delle proteine del pesce richiedeva caratteristiche fisiologiche diverse che provocò modificazioni a livello del sistema immunitario. Inoltre, il fatto di vivere in grandi comunità portava a una maggiore esposizione alle infezioni da germi patogeni provenienti dai propri simili.
Questo apportò delle modifiche nelle caratteristiche del sangue finché si venne a creare un nuovo gruppo sanguigno, il gruppo A, che potesse garantire la sopravvivenza in una fase di grande cambiamento.
E’per questo motivo che, secondo D’Adamo, il gruppo A garantisce una elevata resistenza alle infezioni da parte di agenti esterni. Gli alimenti consigliati per questi soggetti sono quindi i cereali, i legumi, la frutta e la verdura; le carni rosse e i latticini sono invece sconsigliati poiché diminuiscono la disponibilità di energia dell’organismo.
Questo gruppo sanguigno interessa circa il 45% della popolazione.
Il gruppo sanguigno B
Comparve 15000 anni fa tra le popolazioni mongoliche di pastori nomadi nell’Asia Centrale dove le condizioni climatiche rendevano dura la sopravvivenza, per cui serviva una struttura corporea che permettesse una grande resistenza al freddo e una grande capacità di adattamento a condizioni di vita molto difficili.
Il sistema immunitario del gruppo B, infatti, garantisce una buona difesa dalle malattie da raffreddamento, la tendenza a creare nel corpo depositi di tessuto adiposo per far fronte ai momenti di freddo intenso e un apparato digerente molto forte; rispetto ai soggetti di altri gruppi sanguigni, l’individuo di gruppo B sembra tollerare nel complesso un maggior numero di alimenti.
Tra i cibi consigliati troviamo carni magre, frutta, verdura in particolare a foglia verde e pesce; i crostacei sarebbero invece da evitare mentre pane, pasta e pizza da limitare in quanto il glutine, nei soggetti con questo gruppo sanguigno, sembra provocare stanchezza e interferire con il corretto funzionamento dell’insulina.
Questo gruppo sanguigno interessa circa il 10% della popolazione.
Il gruppo sanguigno AB
È il più raro (riguarda il 2-3% della popolazione) e il più recente in quanto la sua comparsa risale a circa 1500 anni fa: questo avvenne non per motivi di adattamento a nuove condizioni di vita, come si verificò per gli altri gruppi, bensì per una mescolanza degli antigeni A e B.
Si presume che questo avvenne quando le popolazioni mongole, prevalentemente di gruppo B, si mescolarono ai popoli caucasici, prevalentemente di gruppo A, ed è per questo motivo che nei soggetti di gruppo AB ritroviamo le caratteristiche fisiologiche sia del gruppo A che del gruppo B.
Il gruppo AB, secondo la teoria di P. D’Adamo, garantirebbe una maggior protezione dalle malattie autoimmuni come le allergie, l’artrite, il morbo di Crohn ecc., ma renderebbe il corpo più vulnerabile ai tumori, essendo il sistema immunitario non incline ad aggredire il proprio organismo e quindi ad attaccare eventuali cellule degenerate del proprio sistema.
Gli alimenti consigliati per questi soggetti sono il pesce, le carni magre e la verdura. La pasta e i prodotti a base di farina di frumento andrebbero limitati in caso di sovrappeso e/o produzione eccessiva di muco, così come i latticini, mentre andrebbe evitata la carne rossa.
Secondo D’Adamo, questa ipotesi antropologica troverebbe conferma nella scoperta dell’esistenza e del ruolo svolto dalle lectine, particolari proteine presenti negli alimenti e sulla mucosa dell’apparato digerente. Queste presentano caratteristiche simili a quelle degli antigeni dei gruppi sanguigni, per cui possono talvolta causare reazioni simili a quelle che gli anticorpi hanno contro l’antigene.
Secondo questa teoria, qualora i cibi introdotti nel nostro organismo contengano lectine incompatibili con il proprio gruppo sanguigno di appartenenza (e quindi con quella dell’apparato digerente), queste andranno ad interferire con i meccanismi di assimilazione e metabolizzazione digestiva. Avendo le lectine proprietà agglutinanti, quando si utilizzano cibi che ne contengono di incompatibili col proprio gruppo sanguigno, queste possono aderire ad un organo creando un processo di agglutinazione dei globuli rossi in quel tessuto. Tutto ciò può scatenare fenomeni infiammatori a livello delle mucose dell’apparato digerente e provocare uno squilibrio delle funzioni digestive, metaboliche e immunitarie, creando eventuali presupposti della patologia.
CRITICHE ALLA TEORIA E PRIME CONSIDERAZIONI EMPIRICHE
Questa teoria incontra pareri discordanti: i detrattori sostengono che i vari tipi di lectine sono contenute contemporaneamente nella stragrande maggioranza dei cibi e non sarebbero quindi in grado di attaccare selettivamente un solo gruppo sanguigno. Inoltre, l’attività di queste sostanze molto spesso è nulla perché sembra che il 95% delle lectine venga smaltita dall’organismo senza conseguenze. Il restante 5% raggiunge il sangue ma il fatto che possano legarsi alle cellule non significa che possano dare agglutinazione e quindi creare situazioni favorevoli all’instaurarsi di una patologia. Secondo alcuni autori molte lectine presenti nei cibi verrebbero distrutte dalla cottura o da alcuni enzimi digestivi non sapendo realmente quanto vengano assorbite dall’organismo. (Primo Vercilli). Un altro punto critico su cui viene posta l’attenzione è che molte persone che non seguono un’alimentazione secondo il proprio gruppo sanguigno non hanno comunque i problemi di salute ipotizzati da P. D’Adamo.
Non volendo considerare questa teoria in senso universale e miracolistico, l’approccio metodologico basato sull’esperienza clinico-pratica in campo nutrizionale presso l’Istituto di Psicosomatica Integrata ha permesso di verificare alcune corrispondenze valide tra alimenti a cui i pazienti sono intolleranti, gruppo sanguigno e disturbi come cefalee, stanchezza cronica, dolori muscolari e disturbi gastrointestinali.
Va aggiunto che dall’esperienza clinica, non si verifica sempre una precisa correlazione con tutti gli alimenti indicati nel dettaglio, quanto piuttosto rispetto alle macrocategorie nutrizionali (ad es: le carni risultano più tollerabili per gli individui di gruppo 0; per i soggetti di gruppo A sarà più facile seguire una dieta vegetariana rispetto ai soggetti di gruppo 0, ecc). È ipotizzabile che ciò si verifichi anche perchè molti pazienti presentano già vari tipi di disturbi, riconducibili a fattori esterni. Una reale corrispondenza tra tutti i nutrienti caratteristici di ogni gruppo sanguigno e il quadro delle intolleranze di un soggetto con quel determinato gruppo sarebbe pensabile solamente in condizioni di salute ottimale.
Rispetto invece alla corrispondenza ipotizzata da P. D’Adamo tra dieta errata e malattie gravi come i tumori, non è possibile pronunciarsi e sarebbe azzardato pensare a qualsiasi ipotesi clinica riduzionista, considerando l’eziologia multifattoriale, la pervasività e il livello di cronicità di questi quadri clinici.
Nella metodologia del modello Psicosomatico Integrato l’approccio ha come presupposto una presa in carico accurata e specifica per ogni soggetto, delle sue caratteristiche bio-chimiche e psico-fisiche, così come delle sue reazioni ai costituenti degli alimenti, analizzati caso per caso. Come per tutte le tecniche e i modelli teorici presi in considerazione, studiati e messi alla vaglio dell’esperienza clinica, anche per l’ipotesi antropologica di P. D’Adamo ci sono punti di forza e criticità, consapevoli di non poterne trarre una verità universale standardizzabile a priori. Ogni sistema di cura fornisce comunque, a nostro avviso, delle grammatiche con cui poter leggere i fenomeni, affinare e orientare la valutazione, a seconda di quanto emerso nell’osservazione e nell’ascolto degli aspetti che connotano i differenti gradi di implicazione nei differenti individui.
NOTE
(I) I gruppi sanguigni si identificano: – attraverso antigeni presenti sulla superficie dei globuli rossi: per cui un individuo di gruppo sanguigno A ha antigeni A, un individuo di gruppo sanguigno B ha antigeni B, un individuo di gruppo sanguigno AB ha antigeni sia A che B, un individuo di gruppo sanguigno 0 non ha antigeni presenti; – attraverso anticorpi presenti, fin dalla nascita, nel plasma sanguigno contro gli antigeni del gruppo sanguigno non presente sui globuli rossi: per cui un individuo che possiede il gruppo sanguigno A ha anticorpi contro B, un individuo di gruppo sanguigno B ha anticorpi contro A, un individuo di gruppo sanguigno 0 ha anticorpi sia contro A che contro B e un individuo di gruppo sanguigno AB non ha anticorpi né contro A né contro B. I geni sono così vicini tra loro sui cromosomi che è inevitabile che interagiscano tra loro e questo spiega perché il gruppo sanguigno possa condizionare vari sistemi fisiologici come gli ormoni, gli enzimi, le sostanze neurochimiche, ecc.
(II) A partire dagli studi di Goodheart (1964), che scoprì una correlazione tra disfunzione muscolare (debolezza del muscolo al test) e disfunzioni organiche o energetiche, il test kinesiologico valuta la connessione funzionale tra il sistema muscolare e il sistema nervoso, dove i muscoli vengono usati come forme di biofeedback del corpo. Un muscolo forte, che dà quindi una risposta “on”, indica che l’input oggetto della nostra indagine, in questo caso un alimento, non è stressogeno o non è comunque rilevante, mentre un muscolo debole, che dà risposta “off” informa che ciò che stiamo testando provoca stress o non è tollerato dal soggetto.
(III) Il metodo VegaTest messo a punto negli anni ’60 dal medico tedesco Helmut W. Shimmel, si basa sul principio di Biorisonanza: attraverso una valutazione bioenergetica non invasiva il test permette di scoprire in fase pre-clinica eventuali squilibri organico-funzionali dell’organismo e le condizioni del terreno biologico, mentale e psichico del soggetto.
BIBLIOGRAFIA
D’Adamo P., Whitney C. (2011). L’alimentazione su misura. Sperling e Kupfer.
D’Adamo P. (2001). La salute su misura. Sperling e Kupfer.
Freed D.L.F., (1985). Lectins. British Med.J. pp.585-586.
Freed D.L.F., (1987). Dietary lectins and disease. Food Allergy and Intollerance. pp. 375-400.
Helm R., Froese, A. (1981). Binding of receptors for IgE by various lectins. Int. Arch. Allergy Appl. Immunology. 65. pp.81-84.
Mangani V., Panfili A. (2002). Gruppi sanguigni e dieta. Tecniche Nuove.
Sharon N., Halina L. (2007). Lectins. Springer.
Zittlau J. (2008). La dieta dei 4 gruppi sanguigni. Edizioni Red.
E’ possibile scaricare il testo completo in formato pdf
L’Emodieta – un’altra dieta_ISSN 2239-6136 Psicologia Psicosomatica – n.17