Approccio “somatologico” ai Fiori di Bach

di Aurora Costadoni

Psicologia Psicosomatica – 07 – Pubblicato 11 Febbraio 2012

Una lettura della funzione dei Fiori di Bach alla luce dell’approccio somatologico: non solo rimedi naturali, ma anche Oggetti capaci di “dialogare” con il sistema mente-corpo.
I Fiori di Bach sono un rimedio naturale molto diffuso dalla metà del 1900 e largamente utilizzato a livello internazionale. Possiamo ipotizzare dunque che “qualche cosa” funzioni e ,a detta di alcuni, anche con effetti considerevoli? A partire dalla mia natura di psicologa, con un background naturopatico molto approfondito e accurato, vorrei provare a rispondere a questa domanda: considerando le essenze su un piano non-unicamente bio-chimico (come avviene nella pratica naturopatica comune) e proponendo di cambiare il punto di prospettiva: “come potremmo far funzionare i Fiori di Bach?”.

Questo lavoro vuole evidenziare come il Fiore di Bach possa diventare anche un oggetto capace di prendere un posto nella relazione di consulenza, stimolare insight simili a quelli dell’esperienza clinica psicologica e di provocare un reset dell’organizzazione mentale ed emotiva del paziente.
In questo approccio, definito somatologico (I), si restituisce maggior spazio al “logos” del corpo, dove il Fiore può essere un mezzo con cui far “parlare” il corpo di emozioni altrimenti poco elaborate.
Ma per comprendere questi aspetti bisogna prima capire come nascono e come vengono utilizzati comunemente nella pratica naturopatica.

Laureatosi in medicina nel 1912, Edward Bach ben presto si accorse di come soggetti diversi con la stessa malattia reagissero differentemente alla medesima cura, per cui giunse alla conclusione che la Medicina non tenesse in considerazione la soggettività dei pazienti, né la loro profonda complessità.
Dall’osservazione e dallo studio di questa pratica quotidiana Bach ricavò una filosofia di lavoro secondo cui mente e corpo non sono due entità separate, ciò che andava curato quindi era l’essere umano nella sua interezza, e non il sintomo.
Fondamentali furono i suoi studi sull’immunologia (II), eppure più esercitava la pratica medica, più riteneva che la vera cura non potesse risiedere in sostanze “tossiche”(III); inoltre studiando le reazioni individuali dei soggetti si convinse profondamente che fossero lo stato d’animo e l’indole personale, quando in disarmonia col proprio sè più profondo, a provocare l’insorgere e influenzare l’andamento di una malattia. Per questo si ritirò nel 1930 nelle campagne del Galles, osservando e studiando le varie piante, provando a cercare nella natura le risposte a queste sue riflessioni che lo portarono a scoprire i 38 Fiori più 1 di emergenza. Questi sono prodotti in un formato assimilabile oralmente, utilizzati da tempo nell’ambito naturopatico e ormai a tutt’oggi anche a livello internazionale da medici omeopati.
La scelta di un numero così elevato nacque dal fatto che nella teoria di Bach ogni essenza floreale ha una determinata frequenza, e il soggetto e il corpo stesso reagiscono ad ognuna di esse in modo diverso. Il Fiore è concepito come uno stimolo per riattivare forze intrinseche all’organismo, elicitandone le funzioni di riequilibrio. A mio parere questo fenomeno di largo consumo dovrebbe interrogare il clinico e andrebbe approfondito sia da chi lo scarta a priori che da chi lo utilizza attendendone risultati miracolistici.
Il modello somatologico considera i Fiori di Bach come uno tra i tanti possibili oggetti della relazione di consulenza, all’interno dello scambio clinico-paziente; questi vengono utilizzati come oggetti pretestuali per provocare un cambiamento, e il corpo è in grado di scegliere l’essenza in un modo molto preciso e significativo per il soggetto. In questo approccio il Fiore e il contestuale lavoro di esplorazione di una domanda di aiuto, si pongono come punto di intersezione tra il codice analogico della parola e il codice digitale del corpo. Lo scopo di questa metodologia clinica è di promuovere gradatamente l’integrazione tra questi codici. Il codice analogico è rappresentato dai significanti linguistici e dalla funzione narrativa del soggetto (es. metafora..); il codice digitale è il modo attraverso cui il corpo parla, non attraverso la parola, bensì sotto forma di switch nel corpo stesso, secondo un feedback binario “on-off” (IV) (Scognamiglio, 2008).
Secondo questo modello, che si avvale del test muscolare kinesiologico (V), il muscolo fornisce l’informazione su come vari input vengono elaborati dal Sistema-Soggetto inteso come embricazione della mente, nei suoi aspetti più inconsci, e del corpo (Scognamiglio, 2008). Un muscolo forte, che dà quindi una risposta “on”, indica che l’input oggetto della nostra indagine non è stressogeno o non è comunque rilevante, mentre un muscolo debole, che dà risposta “off” informa che ciò che stiamo testando provoca stress o risuona con un qualche significato pertinente, anche se non appartiene alla sfera più immediata del conscio.
Il test, usato come uno strumento per entrare nel “dialogo” col Sistema-Soggetto, consente al corpo di “esprimere” sfaccettature emozionali diversificate. Talvolta questo può sorprendere il soggetto stesso, che crede di provare un certo stato d’animo mentre il corpo, che “by-passa” in quel momento la razionalità controllante della mente, può rimandargli un’informazione diversa.
Questo offre spunti di lavoro molto interessanti, soprattutto in una società caotica tendente alla disorganizzazione come quella moderna dove è sempre più difficile essere capaci di ascoltarsi e di individuare le proprie emozioni, e può diventare una grande risorsa nella consulenza.
Il Fiore, quindi, offre la possibilità di interloquire sul piano della parola laddove rappresenta un’emozione dicibile e conscia per il soggetto, ma anche direttamente con il corpo quando incarna invece una sfumatura emozionale più complessa e meno articolabile.
Per questo motivo è molto interessante lavorare coi Fiori di Bach secondo il modello somatologico, in quanto può permettere di scoprire che, dietro agli stati d’animo di cui si è consapevoli, ci possono essere sfumature emozionali più precise, consentendo una “messa a fuoco” maggiore per il soggetto.

Esemplificativo il caso di un paziente che portò in seduta una forte paura per alcuni aspetti del suo futuro, per un avvenimento che doveva affrontare. La sua aspettativa era di poter trarre beneficio da uno dei numerosi Fiori per fronteggiare le paure; attraverso il test muscolare, scoprì di avere più bisogno di un Fiore per le “emergenze”, che lo aiutasse a resistere saldo e fiducioso alla fatica che comporta il confrontarsi con il cambiamento. In questo esempio la “risposta” del corpo ha aperto la prospettiva della necessità di lavorare più sulla resistenza e centratura di sé che sulla paura.

Un altro aspetto di lavoro peculiare è legato al cofanetto composto da 38 cartoncini dove, per ognuno dei Fiori, è stata scelta l’affermazione positiva e la qualità che caratterizza ciascun Fiore e che ogni soggetto ha come potenziale insito in sé, con l’obiettivo di mettere in luce il cambiamento positivo da attuare e non lo stato d’animo negativo. (Paolelli, E., 1999).
La precisione concisa, racchiusa in una frase o addirittura in una sola parola caratterizzante il Fiore individuato attraverso il test kinesiologico, è spesso ciò che crea la possibilità di quell’insight o reset mentale del soggetto; come se la parola “puntuale”, scelta dal corpo, fungesse da catalizzatore del suo marasma emozionale, non sempre dicibile o comprensibile.
Ciò permette al soggetto una visione sempre più ristretta, come ad imbuto, di ciò che prova, aiutandolo a riposizionarsi rispetto al proprio vissuto emozionale, fornendogli spunti più elaborabili e precisi; stimolando inoltre una prospettiva diversa di pensiero.
Secondo questo modello, quindi, l’utilizzo dei Fiori di Bach acquisisce un’efficacia considerevole quando questi diventano oggetti capaci di guidare il soggetto a percepire il proprio nucleo emozionale più profondo, cogliendone sfumature inesplorate e rendendolo maggiormente consapevole del proprio sentire.

Note
(I)    L’Istituto di Psicosomatica Integrata è nato nel 1994. E’ un centro di Ricerca, Formazione e Terapia con la finalità di creare un paradigma epistemologico che sappia integrare i diversi contributi terapeutici e tecnici delle discipline psicoterapiche (non solo di orientamento psicoanalitico), dei possibili modelli transculturali della cura e di quelle forme di medicina complementare che meglio consentono di operare sul complesso rapporto fra mente e corpo. Il suo modello clinico-terapeutico è quello somatologico, ossia di una psicosomatica dal punto di vista del corpo.
(II)    Edward Bach studiò soprattutto la tossicemia intestinale e la sua correlazione con le malattie croniche. I vaccini, creati a partire da batteri intestinali, avrebbero dovuto debellare le malattie ripulendo l’organismo dall’intossicazione, ma in realtà provocavano infiammazione locale e dolore, oltre a non essere efficaci su tutti i pazienti. Dal suo incontro con l’omeopatia di Hannemman nacquero i nosodi, vaccini orali meno invasivi, ma sempre prodotti a partire da batteri intestinali. Anche da questi nuovi preparati non tutti i pazienti traevano beneficio e spesso dopo una regressione iniziale la malattia si ripresentava.
(III)     I vaccini, essendo prodotti da batteri, erano considerati da Bach sostanze tossiche.
(IV)     Tutti i sistemi biochimici ed enzimatici funzionano su meccanismi di attivazione e disattivazione, dalla cellula a tutto l’organismo (sistole-diastole, simpatico-parasimpatico, etc.)
(V)    A partire dagli studi di Goodheart (1964), che scoprì una correlazione tra disfunzione muscolare (debolezza del muscolo al test) e disfunzioni organiche o energetiche, il test kinesiologico valuta la connessione funzionale tra il sistema muscolare e il sistema nervoso, dove i muscoli vengono usati come forme di biofeedback del corpo. Ciò che porta alla contrazione di un muscolo è il risultato dell’integrazione di migliaia di informazioni che provengono da tutte le componenti (strutturale, chimica, emotiva) che costituiscono un organismo e che vengono raccolte e confrontate con le informazioni che sono depositate nella propria memoria, personale e unica per ognuno, per essere utilizzate come messaggio da mandare alla periferia.

BIBLIOGRAFIA
Bach, E. (2002). Le opere complete. Macro Edizioni.
Buriana, F., Stefani R.P. (2005). La chinesiologia. Una dolce medicina. Xenia.
Di Massa, S., Perrone, V. (2002). I fiori di Bach per curare. Giunti.
Paolelli, E. (1999). Cofanetto Le qualità dell’anima. Tecniche Nuove.
Scheffer, M. (1999). Il grande libro dei fiori di Bach. Corbaccio.
Scognamiglio, R.M. (2008). Il male in corpo. Franco Angeli.